La Storia agrodolce di Jim Thorpe, il più grande atleta del Novecento
Si racconta che un raggio di sole illuminò la capanna dove nacque un povero nativo indiano, un uomo che nel 1912, venticinque anni dopo, avrebbe stretto la mano a Re Gustavo V di Svezia.
Tutto bene, bello e liscio. E’ la Storia del Sogno Americano, no? Del Nativo che ce la fa. Ma le cose non stanno affatto così, perché il destino ha dato tanto a Wa-Tho-Huk (Sentiero Lucente in Algonghino), meglio conosciuto come Jim Thorpe, ma tanto ha preteso.
A cominciare dalla morte del suo gemello, quando avevano otto anni e della madre poco dopo.
Ebbe una infanzia e una adolescenza “complicata”, ma se ne tirò via attraverso lo sport.
Perché Jim Thorpe non era un uomo qualunque, non era un atleta qualsiasi.
Era un superman.
La leggenda racconta che ventenne, mentre faceva il bovaro, si ritrovò a gareggiare, quasi per scherzo, in una competizione studentesca.
Jim Thorpe sbaragliò tutti saltando 1,75 m, con addosso i pantaloni normali perché non aveva i calzoncini.
Era il 1907, e la Leggenda di Thorpe iniziò così.
Un allenatore lo notò e gli propose di giocare running back. Thorpe rispose portando di peso la sua scuola alle finali nazionali di football.
Le Olimpiadi erano di là a venire, e i trials americani, anche se forse ai tempi non si chiamavano così, son sempre sempre stati molto duri.
Jim Thorpe si presentò alle selezioni per pentathon, non il pentathlon moderno ma un’altra specialità, che all’epoca comprendeva: salto in lungo, lancio del giavellotto, 200 m piani, lancio del disco e 1500 m. Ovviamente fu scelto.
Ma c’era anche un’altra specialità che stuzzicava il nativo, una sorta di decathlon ante litteram che all’epoca chiamavano All Around. Va detto che il programma olimpico era un po’ diverso.
Ma quanto diverso per un Superman?
Jim Thorpe a Stoccolma 1912 partecipò anche alle gare di salto in alto, si classificò quarto, e di salto in lungo, laddove finì settimo.
Ma nelle gare multiple, nel pentathon e nel decatlon, non ce ne fu per nessuno.
Sentiero Lucente stravinse i concorsi con largo margine. Nel pentathon vinse tutte le gare tranne il lancio del giavellotto, dove arrivò solo terzo.
E il Re disse: “Signore, Lei è il più grande atleta del mondo”. Al che rispose, candidamente e laconicamente: “Grazie, Re”.
Thorpe era una star, fu festeggiato con una grande parata a Broadway. Ma le stelle cadono, si spengono. E quella di Thorpe fu spenta a forza. E forse artatamente.
All’epoca vigeva la regola olimpica che considerava professionisti gli atleti che ricevevano premi in denaro, che facevano gli istruttori o che avevano in precedenza gareggiato contro professionisti. Queste categorie non potevano partecipare alle Olimpiadi.
Qualche pasticcio successe anche con atleti italiani agli albori delle moderne olimpiadi.
Ma che c’entra Thorpe? Nel gennaio del 1913, i giornali americani riportarono la notizia che Thorpe aveva giocato a baseball da professionista. Il CIO chiese indietro le medaglie. Thorpe fu mal difeso perché se era vero aveva sì giocato a livello semi-professionistico in Carolina del Nord nel 1909 e nel 1910, per un piccolo compenso in denaro, era altrettanto vero che il regolamento delle Olimpiadi del 1912 prevedeva che qualsiasi protesta dovesse essere fatta entro 30 giorni dalla cerimonia di chiusura dei Giochi. e non quasi sei mesi dopo.
Fatto sta che Thorpe restituì le medaglie e cominciò a giocare a Baseball e a Football americano.
Ma non fu più lo stesso, cominciò a bere e si ridusse a fare le comparse nei film western. Povero in canna vendette per poche lire le royalties per un film sulla sua vita, uscito nel 1951 con il titolo Pelle di Rame, nel quale venne impersonato da Burt Lancaster, mica uno qualsiasi.
Morì d’infarto nel 1953.
I figli portarono avanti la causa del padre, al fine di far riammettere il nome del padre nelle classifiche olimpiche e riabilitarne il nome e la memoria.
Il 18 gennaio 1983, a Los Angeles, il presidente del CIO Juan Antonio Samaranch riabilitò Jim Thorpe e riconsegnò le medaglie alla famiglia.
Il 30 Gennaio 1998, gli Usa emisero un francobollo commemorativo da 32 cents nel quale Jim Thorpe viene ricordato come la Stella di Stoccolma.
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